Compleanno sottovoce. L'11 aprile 1964 nel fatiscente ospedale vecchio di Rimini nasceva Maria Grazia, quintogenita di mamma Alba e di babbo Pietro. La sua è stata un'infanzia di quelle che hanno accomunato - più o meno - tutti i nati intorno al boom degli anni Sessanta.
All'età di 25 anni Maria Grazia era lanciata verso una folgorante carriera politica. Bazzicando la federazione giovanile del Pci era convinta di potersi occupare di problemi sociali, di immigrazione, di multiculturalità. Purtroppo invece ha incontrato me che oltre a tentare in tutti i modi di spiegargli che la sinistra che lei frequentava dei problemi sociali in realtà se ne frega (e a volte, ancor peggio, se ne fregia) l'ho pure "convinta" a vivere con me e a condividere due figli. Di quella sua radiosa giovinezza militante restano in casa, a imperitura memoria, il ritratto di Gramsci e quello di Rosa Luxemburg (disegnati da Maria Grazia), più una corposa storia del Partito Comunista Italiano comprata a rate più numerose dei già molti volumi.
In questi anni Maria Grazia ha perso anche uno dei suoi due nomi. Per metà delle persone che la conoscono è Maria, per l'altra metà è Grazia. Quando i vicini mi chiedono se c'è Maria, io ovviamente, li guardo sbigottito.
Ha perso un nome, ma non il tempo, tanto che oggi è un po' scocciata di possederne tanto: 39 anni che si ostina a considerare "praticamente 40".
Per farle dimenticare questo infausto giorno ho deciso di provare ad ubriacarla, stasera, con un magnum di Bellavista Gran Cuvée 1997 ad innaffiare un bel piatto di spaghetti Latini con la bottarga di muggine (quella buona della Sardegna, non quella oceanica). Per addolcire il tutto è prevista la presenza in tavola di un'autentica torta Sacher di morettiana memoria.
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