Se me lo posso permettere. Della presunta clonazione umana non mi importa nulla. Ci sono amici che mi chiedono con insistenza cosa ne penso, alcuni dicendosi inorriditi, altri sostenendo che la clonazione apra la porta a grandi e importanti scoperte scientifiche. Non riesco a provare orrore per la clonazione di una bambina in apparente buona salute. Non ce la trovo proprio qualcosa di orribile. Trovo invece tremendo, questo sì, il fatto che le eventuali scoperte scientifiche derivate dagli esperiementi di clonazione non saranno, come ormai nessuna scoperta scientifica, patrimonio dell'umanità. Già, che si scopra la cura contro il cancro piuttosto che contro l'Aids, non ci sarà da gioire, ma da chiedersi se ce lo si può permettere. Oggi la scienza - e le sue scoperte - non sono più, neppure in teoria, patrimonio dell'umanità. Sono patrimonio di qualcuno, di solito aziende multinazionali, che queste cose le mettono sul mercato. Sul mercato chi ha i soldi compra - e si cura - chi non li ha, crepa. Accade lo stesso con il cibo. In Argentina c'è di che sfamare mezzo mondo e invece chi non ha soldi muore di fame. Accade lo stesso con le nuove tecnologie. La rete è libera e offre infinite opportunità. Da noi però, dove ci sono più telefoni che abitanti. Ci sono paesi dell'Africa che hanno un telefono ogni 150.000 abitanti e nessuno investirà per tirare un filo in più, nessuno andrà là a cablare il territorio. Via, fuori dalla rivoluzine telematica. Altro che conquista per l'umanità.
Questo è un momento in cui non posso gioire dei progressi della scienza ma solo pensare se posso permettermeli. E' il mercato, dirà qualcuno. Certo, il mercato si è presentato, ci ha detto chi era, che era competitivo, che vincevano solo i migliori. La scienza e la politica no, ci avevano raccontato altre cose, non che sarebbero diventate appendici minori e quasi inutili dell'economia.
La foto, bellissima, non c'entra nulla, ma dà speranza. L'ha scattata Pino Scaccia.
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