Anarchico, antimilitarista e un po' snob. Sono un anarchico e un antimilitarista. Non un comunista e un pacifista. E tanto meno un antiamericano. Sono un cane sciolto, uno senza tessere, senza partiti, senza ideologie, forse un po' romantico, sicuramente un po' snob. Mi alzo la mattina e cerco di capire cose che forse a sera non mi sono ancora chiare e forse non lo saranno mai. Rivendico pure il diritto alla contraddizione, a cambiare idea, a pentirmi, a dire ho sbagliato, a chiedere scusa, se serve.
Non mi piacciono le etichette, ma se devo averne qualcuna che sia almeno di mio gusto. Comunista proprio no, credo, nel solco della tradizione anarchico socialista, di essere più anticomunista di Berlusconi. Non sono un pacifista in senso lato e neppure un non violento. Credo che le soluzioni militari siano le peggiori, sempre, e come tali le combatto. Dove gli eserciti hanno voce in capitolo non ci può essere né libertà, né democrazia, né diritto, né giustizia sociale. In base a questo principio sono contro le guerre fatte dai militari dove - guardacaso - muoiono sempre i civili. E contro le guerre faccio tutto quel poco che posso.
Non sono però antiamericano, nemmeno un po'. Come potrei esserlo io che ho fatto il bambino giocando a indiani e cow boy, facendo di Abramo Lincoln il mio eroe e respirando in casa John Kennedy e Martin Luther King? Sono cresciuto ascoltando Bob Dylan e leggendo Jack Keruac. Ho iniziato a fumare con una Camel e ho continuato con una Luky Strike. Ho amato Patty Smith quasi più di mia moglie. Ho letto avidamente Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg, Ernest Hemingway, Edgar Allan Poe, Djuna Barnes, Nelson Algren... I film che hanno segnato la mia vita sono stati Easy Rider, Fragole e Sangue e il Grande Freddo. Ho pianto sentendo la voce roca di Bruce Springsteen, quella impastata di Lou Reed, quella rabbiosa di Janis Joplin. Ho sognato la California ascoltando Neil Young. Mi sono innamorato di Internet... Non ho odiato gli americani neppure quando Gregory Corso ubriaco ha cercato di baciarmi sulla bocca (che schifo, sono riuscito a sfuggire per miracolo...) e non li odio neppure adesso. Scherziamo? Potrei andare avanti all'infinito raccontando il mio sogno americano, le ore passate a parlare degli Usa con il mio amico Stefano Fusi che ha vissuto per un po' in South Carolina. L'America è davvero un grande paese.
Detto questo per me le amministrazioni americane sono anche quelle che amano giocare a risiko in giro per il mondo sostenendo regimi totalitari e sanguinari (lo stesso Saddam Hussein è figlio di questa politica), facendo guerra inutili, strazianti e vergognose (ve la ricordate la foto della bambina vietnamita nuda e in fiamme che sfugge al napalm?), gli Usa si muovono come una grande potenza imperialista, come la Spagna e l'Inghilterra all'epoca delle colonie e George Bush è un guerrafondaio in malafede. Significa essere antiamericani? Boicottare per quanto è possibile la macchina bellica è essere irriconoscente nei confronti dei nostri alleati di sempre? Ma non diciamo fregnacce. Scendere in piazza contro la guerra preventiva all'Iraq è fare del pacifismo a senso unico? Perché mai? Perché a chiedere aiuto per Sarajevo eravamo solo in due o tre?
Troppi distinguo, troppa diffidenza, non mi piacciono. Nei momenti in cui c'è da scegliere ognuno sceglie, con pacatezza, e sta dove crede sia più giusto stare. E fa i conti con i suoi compagni di viaggio. Sono sincero, non mi fa piacere trovarmi in compagnia del Vaticano, di Fausto Bertinotti e di Luca Casarini. Capita, si fa un pezzo di strada assieme. Su altre questioni non lo si farà. Difficilmente io e mia sorella Laura pensiamo le stesse cose, ma oggi abbiamo tutti e due la bandiera della pace fuori dalla finestra.
P.s.: le bandiere americane che mi piace esporre oggi sul blog sono quella stupenda di Robert Mapplethorpe, grandissimo fotografo americano morto di Aids e quella degli Usa alle Olimpiadi, dove notoriamente si va per partecipare e non per vincere.
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