Il paradosso della flessibilità. Sono un po' assente dal blog anche perché mi sto ingegnando per cominciare a portare a casa qualche soldo. Sto cercando dei lavori. Come ho scritto più volte roba a termine, precaria, collaborazioni, lezioni, un po' di manovalanza della penna e della parola. Anche cose faticose - non ho paura del lavoro, se mi piace - ma rigorosamente a termine. Mi soffoca l'idea di imbarcarmi in un lavoro "vero" con uno stipendio continuativo e, soprattutto, con delle responsabilità continuative. Voglio affrontare il futuro da precario.
Cappero!, mi dico, ma quanti ce n'è in giro di lavoratori flessibili come me? Pochi, da quel che sento. Ne consegue che dovrei essere appetibilissimo, il sogno di tutti gli imprenditori, degli editori, dei padroni (eccheccavolo usiamola ogni tanto questa parola desueta nella forma ma non certo nel contenuto). Invece no, da precario collaboratore flessibile non mi vuole nessuno, non trovo niente di interessante. In compenso negli ultimi tre mesi ho ricevuto due proposte di direzione di altrettante riviste di settore, tre proposte da capo ufficio stampa di strutture di un certo peso (due private una pubblica) più una decina di posti in uffici stampa di vario genere, una proposta di dirigere una struttura socio culturale, una proposta da direttore di un'agenzia di comunicazione, una proposta di lavoro come redattore in una televisione e un'altra in un quotidiano. Insomma, non posso proprio lamentarmi (anzi, sono ben gratificato dalla considerazione di cui godo), ma del mio lato flessibile pare non importi nulla a nessuno...
11:08:04 AM
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