Vita da disoccupato (2). All'articolo 18 preferisco 24 mesi di stipendio. Rubo un interessante ragionamento agli amici Antonio Tombolini e Patrizia Dalpiano (che, per inciso, sono pure marito e moglie) con i quali condivido, oltre al ragionamento, anche la condizione da disoccupato.
Sull'articolo 18 Antonio dice: "Così com'è l'articolo 18 è una pseudo-garanzia: l'impiegato viene licenziato per giusta causa. Deve pagare l'avvocato per dimostrare che non è vero, e chiedere il reintegro. Cosa assurda: chi può voler tornare a lavorare dove ti hanno cacciato? E infatti, dopo anni di controversie e trattative e soldi spesi, si raggiunge la "transazione", normalmente più favorevole all'azienda (specie se "grossa"), che può aspettare, mentre 'le creature' a casa mangiano tutti i giorni, e non possono aspettare. Meglio sarebbe: *abolire* l'articolo 18 (diritto fantomatico al reintegro) e stabilire *contestualmente* che l'azienda che vuole licenziare debba pagare un'indennità certa pari a 24 mensilità di stipendio. Così facendo non ci sarebbe luogo a tempi lunghi e controversie, e sarebbe un deterrente molto più forte ai licenziamenti facili".
Il ragionamento mi piace e la soluzione è seria. Intanto però condivido la posizione della Cgil sull'articolo 18: finchè è il simbolo dei diritti dei lavoratori, lo difendo.
12:24:30 AM
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