Parole che respirano. Tra un Erri De Luca, un Camilleri estivo e il Signore degli Anelli in rilettura per mia figlia, sono andato a frugare d'istinto negli angoli polverosi della libreria. Ho fatto passare le dita su una fila di Struzzi di Einaudi e ho tirato fuori un libriccino consumato, odoroso di polvere e tempo (e un po' di muffa che mi gira in casa). Ho iniziato a rileggere - due righe qui, due là - Feria d'Agosto di Cesare Pavese, delicata e prorompente raccolta di racconti che sono una miscela esplosiva dei temi cari allo scrittore delle Langhe. A me Pavese ricorda un sacco di sogni che tengo chiusi nei cassetti dai tempi del liceo, rievoca amici che non trovo più, luoghi capaci di lacerarmi l'anima, angoli remoti e desideranti. Pavese mi si ferma qui, alla bocca dello stomaco, e mi sorride. E non va via. Io di scrittori come Pavese non ne trovo più, parole che mordono il cuore con la grandezza e la semplicità del Dopoguerra. Sì che venderei l'anima per saper scrivere così...
12:10:59 AM
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